DIARIO DI UN VIAGGIO IN IRAN
Il testo che segue è diario di uno dei tanti viaggi in Iran che ho accompagnato – Iran classico di 8 giorni. Per motivi di privacy, userò gli iniziali parlando di persone e non adopererò le date precise. Le fotografie sono mie, come anche l’italiano, non sempre perfetto. Mi scuso in anticipo…
Cari amici, come prima desidero ringraziarvi per otto giorni trascorsi insieme in splendido Iran. Poi, siccome ho promesso di darvi alcune notizie sulle nostre visite, di mandarvi qualche poesia e di procurarVi qualche informazione sul susseguirsi delle dinastie, sul calendario iraniano etc.. Vorrei farlo al più presto, prima che qualche aereo mi porti da qualche altra parte.
E’ molto difficile viaggiare in cinquanta. Ciascuno di noi ha partito con proprie aspettative, con proprio bagaglio culturale e emotivo, con qualche interesse particolare; dunque, con una sua “idea” di viaggio. Organizzare e condurre un “viaggio di gruppo” significa trovare un comune denominatore che soddisfi tutti; obbiettivo pressoché impossibile. Si cerca di trovare un ideale comune, facendo somma di operativi voli, spostamenti via terra, strutture ricettive, giorni disponibili, itinerari interessanti. Quando poi si comincia a pensare alle esigenze individuali delle persone che non conosci, la faccenda diventa ancora più complicata. C’è quello abituato fare un break più lungo per il pranzo e quello che si accontenta di un panino, c’è colui che correrebbe da un sito al altro senza sosta e costui che si trova al proprio aggio girovagando per i bazar e i negozi; poi quello che si diverte parlando con la gente del posto e quell’altro che preferisce avere il tempo per meditare o fotografare per conto suo…
Per mettere tutte queste cose insieme ci vuole tanta professionalità ed esperienza. Perciò una gran parte del merito è della agenzia/tour operator che ha predisposto il meglio dei fattori tecnici disponibili. Poi c’è il fattore umano: quindi una gran parte del merito va alle guide locali, accompagnatori e autisti, dove entrano in gioco simpatie e antipatie. C’è il fattore imprevisto costituito dai incidenti ed imprevisti contro cui non si può far nulla, tipo lavori o animali sulla strada, chiusura di qualche museo, incidenti che riguardano salute … che vanno affrontati ad hoc. E alla fine, ma non ultimo tra elementi costituenti del viaggio c’è il merito del ciascuno dei partecipanti: un insieme creatosi, come in una scatola magica, di tutte le particolarità dei singoli individui. Qui entrano in giuoco la puntualità che cerchi di acquisire o alla quale sei già abituato, un vecchio amico con sui sei partito o amicizia nuova che sta per iniziare, qualche lamentela che può servire a migliorare qualcosa ma può comportare il rischio di non essere compresi; ci sono consigli benevoli e condivisioni della propria esperienza, malori gravi o lievi, cibi su cui si è allergico, sopportazione reciproca , scambi di opinioni più o meno ardui e risate che ripianano tutto…
Un viaggio e tutto ciò messo insieme: parte tecnica, invisibile; fattore umano, molto presente e poi tante cose nostre che per un periodo di tempo condividiamo nello spazio che non è il nostro abituale. Un viaggio riuscito è un’apertura, un “qualcosa in più”, creato da tutti per tutti. Sinceramente penso che oltre un ottima organizzazione, oltre le bellezze del meraviglioso Iran e della sua gente, oltre la disponibilità di guida locale Shahab e l’affidabilità di autista Adel e di suo giovanissimo aiutante siete stati tutti Voi a rendere questo viaggio unico e speciale, e voglio ringraziarvi tutti.
Adesso… sto cercando di ordinare appunti e di scrivere una specie di diario di viaggio, e dico che non è facile… ci sono così tante cose che meritano di essere raccontate, non è possibile, ma proverò….
Venerdì, xx agosto. Ci siamo trovati alle 11,30 al aeroporto di Malpensa, con tanti altri viaggiatori che hanno riempito volo fino al ultimo seggiolino disponibile. Alcuni volti vedo per la prima volta, altri ricordo dalla serata in cui abbiamo presentato il viaggio nel cinema di I.. Cerco di collegare i nomi dei passaporti, controllati e fotocopiati diverse volte, con le persone che avrò con me per otto giorni. Ma qui in aeroporto e quasi impossibile… c’è una marea di viaggiatori. Alcuni che non appartengono al “mio” gruppo comunque chiedono informazioni, forse intuiscono che sono accompagnatrice. Sembra che tutti gli aerei portano in Iran. Facciamo il check-in e imbarco, prendiamo i nostri posti. Volando verso est si aggiungono 150 minuti di fuso orario: arrivo a Tehran è previsto alle 22,10 ora locale. Prima di scendere dal velivolo le donne si coprono le teste con un hajab un po’ improvvisato, ad alcune partecipanti aiuto io, essendo stata in Iran diverse volte risulto “un esperta”. Infine, tutti insieme andiamo a prendere i nostri visti già prenotati: la nostra corrispondente iraniana ed io ci organizziamo a fare questa parte burocratica più velocemente possibile. Le procedure sono incredibilmente veloci, facciamo in fretta tutti i controlli doganali, recuperiamo i bagagli e ci mettiamo a trascinare le valigie verso pullman, insieme con Shahab che sarà la nostra guida per tutto il tour. Lui ci presenta l’autista Adel e il suo aiutante che ci accolgono con uno snack, regalando ad ogni signora un colorato e utile foulard. Quando arriviamo in nostro hotel Parsian Enghelab sono già le undici passate, alcuni vanno a letto, altri vogliono mangiare qualcosa. Sistemati tutti, Shahab ed io ci mettiamo a “rivedere” il programma di domani: non sapeva di S. Messa domani presso la Cattedrale cattolica, ma promette di organizzarla.
Sabato, xx agosto La vista dal ristorante dell’albergo è magnifica e ci mostra la grande capitale Tehran dall’alto: caotica, un po anonima, cresciuta troppo in fretta. Prima cosa che facciamo a Tehran è visita alla Cattedrale di Consolata, situata tra l’Ambasciata di Vaticano e l’Ambasciata d’Italia. La divina provvidenza ha funzionato ancora una volta, la Santa Messa è prenotata. L’Arcivescovo dei Latini di Isphahan, (il titolo ufficiale della arcidiocesi iraniana con sede e Tehran) mons. Ignazio Bedini S.D.B non è a Tehran, quindi ci accoglie don Franco, salesiano anche lui. Semplice e simpatico, racconta in poche parole la immensa diocesi che conta meno di 10.000 fedeli. La diocesi “più vasta del mondo” ha solo 5 sacerdoti e una decina di religiose che svolgono servizio pastorale nelle 6 parrocchie. Don Franco ci racconta favolosa anima del popolo iraniano, sottolineando il rispetto del governo verso altre confessioni, nonostante tutti sappiamo che le difficoltà per i cristiani ci sono, e non poche, a partire dal fatto che la conversione da islam al cristianesimo è punibile con la morte. Celebriamo la Santa Messa, pregando per la pace in mondo. Mi ricordo bene l’arcivescovo, simpatico e aperto, che in altre occasioni raccontò diverse vicende vissute in Iran, tra cui il fatto che alcuni nipoti di ayatollah Khomeini frequentavano la Scuola salesiana prima della rivoluzione islamica. La scuola fu in seguito chiusa, insieme a tutte le altre scuole cristiane, per motivi di nuove leggi islamiche. Una delle volte mi mostrò le foto e raccontò che comunque la scuola fu ringraziata da parte di Khomeini per ottima educazione impartita ai nipoti.
Segue la visita al palazzo Golestan, circondato da un bel giardino su cui si affaccia un splendido trono di marmo. Qui è Soheila che ci fa la guida raccontando la storia del palazzo, una grandiosa struttura eretta dalla dinastia dei Qagiari, che vanta vastissime sale tappezzate di specchi che a sua volta vedevano incoronazioni dei diversi scià delle due ultime dinastie. Nel 1943 il palazzo ospitò i Tre grandi statisti – Roosevelt, Churchill e Stalin che si riunirono qui per discutere nuovi confini e le condizione della pace nel mondo. Alcune signore ricordano le peripezie “amorose” dello ultimo scià Reza Pahlavi: prima moglie, Fawzia d’Egitto di cui famiglia gli salvò la vita, grande amore Soraya Bakhtiari, che non poté dare gli eredi e l’ultima, Farah Diba Pahlavi, madre dei eredi.
In seguito ci rechiamo al Museo archeologico, dove ci aspetta Shahab: davanti una grande cartina geografica presenta brevemente la storia e la geografia del suo paese, indispensabili per capirlo. In seguito ci conduce tra le vetrine che conservano le ceramiche di Syialk, i sigilli cilindrici, vari bassorilievi, sculture e iscrizioni provenienti dalle diverse capitali antiche: Babilonia, Persepolis, Susa, Pasargade. Seguono i bronzi di Luristan, l’uomo di sale e tanto altro ancora. Non esiste museum shop con i souvenir, così ci ricorderemo di questa ricchissima collezione solo grazie alle nostre foto. I due più conosciuti oggetti della storia iraniana non sono conservati in questo museo: il grande sigillo cilindrico di Ciro, considerato la prima carta dei diritti umani della storia umana si trova a Britsh Museum di Londra, mentre la stele trilingue con la legge di Hammurabi che fino al 1901 era a Susa, oggi è conservata a Louvre. Iran possiede solo le copie. Eterna questione della spoliazione dei siti, con tutti pro et contro che ne derivano e che accendono una discusione tra i partecipanti del viaggio.
Pranziamo al ristorante Ferdowsi che porta il nome del celebre poeta (morto nel 1025), detto anche Dante iraniano, perché il padre della lingua farsi. Si mangia bene, unica cosa che manca è il caffè italiano. Dopo il pranzo corriamo al Caveau della Banca nazionale, aperto solo per due ore in pomeriggio. Lasciamo tutto in pullman, cellulari, portafogli, borsettine per entrare più in fretta possibile. Si tratta del famoso luogo dov’è custodito il Tesoro nazionale iraniano, una tra le più ricche collezioni dei gioielli al mondo. Uno più sfarzoso dall’altro: corone, scettri, diademi, colane, bracciali sfilano davanti ai nostri occhi che quasi non riescono a credere che queste pietre siano vere. Da ricordare il Trono di pavone, di cui uno simile ad esso era collocato in Forte Rosso ad Agra in India, un globo terrestre di 34 chili d’oro tempestato di 3,7 kg di smeraldi, rubini e diamanti e il grande diamante rosa Dar’ja-i-noor, (il mare di luce), pandan del più famoso Kooh-i-noor, oggi appartenente alla corona britannica. Ci sono altri bellissimi musei da visitare, ma non possiamo fare tutto in un giorno scarso che dedichiamo a Tehran: vorrei però ricordare Museo del vetro e della ceramica, di cui nome non promette tanto, ma che è una chicca sia come architettura sia come collezione dei pregevoli oggetti, situato in uno splendido palazzo nobiliare restaurato da Farah Diba. Molto bello anche il Museo del tappeto, che vanta stupendi esemplari del più famoso prodotto artigianale iraniano, anch’esso ospitato in un palazzo progettato dalla regina Farah, di cui forma ricorda il telaio. Interessantissimo anche il Museo dell’arte moderna, visitati in passato….
Uscendo, ci fermiamo per fotografare il grande Arco Azadi, la torre della libertà, costruita nel 1971 dall’architetto baha’i Hossein Amanat, divenuto un’icona di Tehran. Un altro famoso monumento di questo architetto iraniano, naturalizzato canadese – l’Arco Bahai – si trova a Haifa, in Israele. L’ironia della sorte è che la religione baha’i è vietata in Iran, e che i rapporti tra due stati che ospitano i monumenti più celebri di Amanat non sono proprio dei migliori, ma … l’arte serve anche a collegare, almeno idealmente. Ci sbrighiamo per non perdere l’aereo che ci porterà a Shiraz. Facciamo tutti i controlli necessari, uomini separati dalle donne secondo la legge islamica. Dopo un breve volo passato conversando con mia vicina di sedile E., che viaggia con noi per la prima volta, siamo arrivati a sud del Iran, a Shiraz. Prendiamo le valigie, ci sistemiamo al hotel Chamran. P. e F. hanno problemi per aprire la valigia: alla fine sistemiamo anche questo. Durante la cena racconto un fatto curioso: ero ospitata in questo albergo con un altro gruppo parrocchiale: abbiamo chiesto di celebrare la S. Messa che era non solo concessa, ma anche avvisata al microfono in sala pranzo, così che è stata partecipata anche dagli altri turisti italiani. Il tavolo che ha servito da altare si trovava sotto le due fotografie obbligatorie nei alberghi iraniani, quelle di ayatollah Khomeini e Khamenei… uno dei tanti paradossi dell’Iran. Anche questa sera si è fatto tardi, fuso orario si sente, quindi subito andiamo a nanna.
Domenica, xx agosto. La nostra prima visita ci porta a Persepolis, tutelata dall’UNESCO. La città di Dario, che iniziò a costruirla nel 512 a.C. non ha bisogno di particolari presentazioni. Fu una delle cinque capitali dell’Impero achemenide (le altre erano Babilonia, Ecbatana, Pasargade e Susa). È situata a circa cinquanta chilometri a nord della città di Shiraz nella provincia di Fars. Nonostante è abbastanza presto, fa già caldissimo. La spiegazione inizia davanti il plastico del sito e ci aiuta ad orientarsi: Persepolis è estesa su 125 000 metri quadri di superficie pianeggiante, in parte costruita artificialmente e in parte scavata in una montagna. A giudicare dalle iscrizioni, gli edifici vennero costruiti prevalentemente da Dario I: egli fondò un nuovo ramo della dinastia reale creando anche questa città come una delle nuove capitali della Persia. Il fatto che si trovava nell’una regione remota e di difficile accesso spiega il perché i greci non erano a conoscenza dell’esistenza di Persepolis fino all’epoca di Alessandro Magno che la conquistò e saccheggiò. Fotografiamo homa, un cavallino alato di buon auspicio, oggi simbolo della compagnia nazionale Iranair scolpito su alcuni grandi pilastri che ornavano l’ingresso della città, visitiamo le rovine della sala di udienze Apadana, i palazzi privati di Dario e di Serse, i resti della biblioteca. Rimaniamo ammaliati dai fregi che ritraggono le ambasciate delle 23 nazioni assoggetate a Dario, rappresentate nel momento in cui portano omaggi al grande re persiano. Il livello artistico è davvero singolare, per erigere Persepolis furono chiamati i scolpiti migliori artisti dell’epoca. Ci piace molto farvahar, il simbolo zoroastriano nelle sembianze di uomo-uccello con tre ordini di piume che troneggia su alcuni edifici. Infine ricordiamo terribili fiamme con cui Alessandro Magno che ridussero la capitale persiana nel 330 a.C alle ceneri e all’oblio, cercando di immaginare tutto ciò che fu distrutto o portato via: tessuti, arredi, ori…. Il sito fu riportato alla luce dopo secoli di dimenticanza con dei scavi condotti dal americano Ernst Herzveld e da un gruppo dei archeologi di Louvre negli anni ’30 del secolo scorso. Pranziamo sulla terrazza del ristorante Laneije tavuz, situato al bordo di una grande piscina, dove un delizioso venticello e gli salti dell’acqua delle fontane ci regalano un po’ di frescura.
Nel pomeriggio ci rechiamo al centro storico di Shiraz e passiamo accanto la fortezza Arg-e-Karim Khan, edificata tra il 1766 e il 1767, la quale colpisce con le potenti mura e quattro bastioni, di cui uno inclinato, causa alta scismicità del territorio. Nelle vicinanze si trova una statua recente che rappresenta un fotografo che scatta la sua foto della fortezza: adesso anche lui viene fotografato dai turisti. Ci sbrighiamo verso il Bazar di Vakil, architettonicamente tra i più belli dell’Iran, con le sue magnifiche volte che sovrastano inegozi elevati 70 cm dal piano della strada. ei caravanserragli, magazzini, hammam e cortili. Visitiamo la moschea di Vakil, con le sue colonne rosa e belle piastrelle chiare, con stupendo cortile, per fortuna e purtroppo in restauro. Dopo ci rechiamo al hammam dove le figure di cera ci raccontano i servizi offerti in un bagno pubblico iraniano. Alla fine visitiamo il caravanserraglio con i magazzini. Mentre il gruppo ha la mezz’oretta libera per lo shopping Shahab porta le ragazze giovani (ci siamo V., V., S., ed io, un complimento per me ) in una piccola sala da tè dove fumiamo il narghilé e beviamo un buon té. A Shiraz ci sono tantissime cose da visitare, in seguito nominerò alcune che mi sono rimaste impresse. Tra esse moschea di Shah Cheragh, di cui nome significa “l’imperatore della luce”, un’importante meta di pellegrinaggi a partire dal XIV secolo, quando la regina Tashi Khatun impartì la costruzione della moschea. E’ un edificio dei bellissimi esterni color rosa, e con ancora più belli interni che nascondono un meraviglioso spettacolo costituito da milioni di piccoli frammenti di vetro che riflettono la luce in tutte le direzioni. Secondo la leggenda, nel 900 ayatollah Dastghāʾib avvistò qualcosa di brillante mentre si avvicinava alla zona, trovando poi in questo luogo una tomba luminosa con i corpi dei fratelli Ahmad e Muhammad, figli dell’Imam sciita Mūsā al-Kāẓim e fratelli di santo Alī al-Riḍā, perseguitati dagli Abbasidi contro i musulmani sciiti. Un altro edifico molto bello ma meno conosciuto è la Moschea-santuario con la tomba di Ali-ebn-e-Hamze. E’ una moschea funzionante e per visitarla donne vengono avvolte nei chador, aiutate da gentilissime inservienti. Il cortile di essa è tappezzato di tombe, riporto un’epigrafe scolpito su una di esse: per gli amanti della poesia: si tratta dei versi di un celebre poeta contemporaneo iraniano, Sohrab Sepheri, (1928-1980).
Se vieni a trovarmi,
vieni lentamente e con gentilezza
per non spezzare la fragile porcellana
della mia solitudine
Prima di entrare bisogna inoltre togliersi le scarpe; ed anche in questa moschea gli interni sono caratterizzati da un mondo magico di specchi che ricoprono tutti i muri colorati di verde. Shiraz è citta dei poeti e dei giardini, nonostante il clima desertico è piena di piccoli canali d’irrigazione e di un verde meraviglioso, lussureggiante, fiorito. Ci sono davvero tantissimi, impossibile visitare tutti (nomino i più importanti Bagh-e Jahan Nama, Shapouri, Delgosha, Khold-e Barin, Azadi), e infine visitiamo uno, il giardino di Eram con dimora di Qavam detta Naranjestan e Medressa del Khan … Anche l’antica porta dell’ingresso nella città, detta Porta del Corano con tomba di Mir Ali, nipote del santo imam Musa è immersa in uno splendido giardino. I fiori circondano il complesso cimiteriale con la sepoltura del poeta Khaju, il Mausoleo del poeta Sa’adi, anch’esso di Shiraz, i fiorni affiancano le strade e i marciapiedi, i fiori ci accolgono davanti le moschee. Shiraz ha molte cose da offire: la grande Jame di Atigh e la Moschea rosa, o di Nasir, con vetri coloratissimi, l’edificio più fotografato del paese; diverse belle case del centro storico, alcuni musei tra cui il Museo del Fars e Museo della miniatura. Ci vorrebbero diversi giorni per visitare tutto…e il tempo come sempre è tiranno
Alla fine della giornata, verso il tramonto andiamo a rendere omaggio al Hafez Shirazi, uno dei maggiori poeti della lingua farsi vissuto tra 1315/1325 – 1390. Il suo mausoleo è un piccolo padiglione ottagonale, opera dell’architetto francese André Godard eretto nel 1935, immerso in un bellissimo e curatissimo giardino, affollatissima. Mentre muezzin intona la preghiera, alcuni pregano, altri prendono il tè in uno dei baretti che si trovano nel giardini, altri ancora recitano le poesie…. I poeti, nonostante scomparsi da secoli sono molto onorati in questo meraviglioso paese; molte persone sanno a memoria diverse centinaia di versi, e il modo in cui ricordano autori e davvero unico … Non ci sembra di essere in un luogo che custodisce una tomba, sembra più un luogo dove vai trovare un amico, un maestro tuttora vivo. Questa atmosfera magica che ammalgama la gioia e la nostalgia, l’allegria e la compostezza ci commuove tutti.
Con delle bellissime immagini scolpite nei nostri cuori torniamo al albergo, facendo mille domande a Shahab, chiedendolo di recitare qualche verso in farsi, pieni di impressioni e emozioni.
Lunedì, xx agosto. Carichiamo le valigie sul pullman. E’ il giorno del spostamento verso Esfahan, comunque con alcune visite importanti. La strada ci porta al Naghsh-e-Rostam, dove ammiriamo le tombe cruciformi dei sovrani della dinastia achemenide e le sculture della dinastia sassanide, scolpite nella roccia viva. A fronte di imponente tomba di Dario II sorge un edificio curioso Kab’-e-Zarathust, di cui uso non è ancora completamente chiarito dai archologi: era la tesoreria-biblioteca, il mausoleo oppure il tempio-osservatorio astronomico. Shahab, autista e ragazzo del pullman ci preparano un’ottima merenda con frutta, dolci, Nescaffé e tè che prendiamo volentieri. Qualcno sfrutta tempo per fare qualche piccolo acquisto sulle bancarelle che si trovano nei paraggi del sito.
La tappa seguente è un’altra capitale persiana, Pasargade, dove ci aspetta la piccola tomba del grande Ciro. La tomba di Ciro il Grande – Kuruš, il fondatore della dinastia achemenide è un monumento di commovente semplicità, straordinaria per molte ragioni: resistente ai 8 gradi Richter di terremoto, risparmiata dai saccheggi di Alessandro Magno, conquistatore di Persepolis, salvata dalle distruzioni islamiche perché presentata ai invasori arabi come tomba della madre di Salamone. E’ maestosa nella sua singolare umiltà. Leggo con la voce tremula le parole riportate, pensando al potere profetico che celano:
O uomo, chiunque tu sia
in qualunque momento tu venga
poiché so che verrai
io sono Kuruš
e conquistai un impero mondiale per i Persiani
non invidiarmi questa poca terra che ricopre il mio corpo.
Shahab ricorda la tolleranza e lungimiranza di Ciro leggendo l’editto in cui egli permette ai Ebrei ritorno in patria, riportatoci da Libro di Esdra (I, 1 – 4). Tutti concordano che anche oggi ci vorrebbero politici di di umiltà e umanità simili. Lasciamo il sito in silenzio. Pranziamo lungo la strada, in un ristorantino usato dalla popolazione locale che si chiama Abadeh, come il capoluogo della provincia. Una bella esperienza, che ci rende tutti contenti, compresi i bambini iraniani che vengono a donarci propri sorrisi. Attraversiamo stupendi paesaggi dell’altipiano iranico. Sulpullman Shahab continua ad esporre la storia dell’Iran, spiegando le questioni religiose, dinastiche e culturali. Ci fermiamo ad un posto stupendo, uno dei tanti fuori programma: Izdakhast. Scendiamo, attraversiamo il cimitero del paese per ammirare l’altra parte della valle per ammirare i resti delle case di un villaggio sassanide del II sec. d.C.. Affascinante. Mentre stiamo proseguendo verso Esfahan in pullman, continuiamo parlare delle cose quotidiane, che riguardano tutti: l’istruzione, i prezzi di benzina, gli stipendi, la libertà religiosa, il sistema giudiziario… Arriviamo al nostro hotel Kowsar dove ceniamo. Shahab, che è di Esfahan, torna a dormire a casa sua, perché l’albergo è al completo. Quando abbiamo finito di mangiare quasi tutti desideriamo uscire: decidiamo a fare due passi per vedere la grande piazza in anteprima notturna. In faccia alla stanchezza. L’albergo è vicino al centro: bisogna attraversare il meraviglioso ponte a 33 archi, Si-o-seh-Pol e poi adentrarsi verso il centro per un po’. Assumo il ruolo della guida, e nonostante che conosco bene Esfahan, strada facendo faccio una verifica chiedendo una famiglia adagiata sul tappeto se è giusto girare a destra per arrivare alla Piazza. E’ qui inizia il bello: la famiglia che fa il pic-nic sul prato davanti alla Biblioteca mi invita a sedermi con loro. Spiego che non sono sola, che siamo in quaranta (una decina di persone era stanca ed è rimasta nel hotel). Mi fanno capire che invito vale per tutti, tirando fuori dalla macchina altri bicchieri di plastica e buste con il cibo. Ci offrono il té e le bibite, ci preparano i panini, riempiono i vasoi con dei dolcetti. L’ospitalità iraniana è qualcosa di incredibile, è cordiale e spontanea, innata: non si può descrivere con le parole. Alla fine, du ragazzi giovani si offrono di accompagnarci verso la piazza. La Meydan è stupenda: è davvero Naqsh-e Jahan, “l’immagine del mondo”. Rimaniamo a gironzolare, M. e S. si fanno prestare una bici e fanno giro in piazza, tutti fotografano le famiglie che sono qui a passeggiare o a fare pic-nic, tutti si fanno fotografare dai proprietari dei diversi cellulari iraniani. Il più bello di questa esperienza è che comunichiamo tra di noi senza capire una parola di farsi o di italiano, parliamo con abbracci e sorrisi, nel rispetto della legge islamica: donne con donne, uomini con uomini, e i bambini con tutti: le mamme ci mettono i più piccoli in braccio mentre i più grandi ci rivelano i loro nomi chiedendo i nostri. Tutta la comunicazione avviene esclusivamente attraverso i gesti e i sorrisi … sorrisi della bocca, sorrisi dei occhi e del cuore. Ordino perfino il taxi per l’albergo contrattando il prezzo con le dita … costa pochissimo. Siamo strastanchi e stra-stra-strafelici. Salgo per l’ultima: è passata l’una e mezza di notte quando arrivo in mia stanza, ma non riesco prendere il sonno. Dal mio balcone fisso la città: vicinissimo, il Si-o-Seh-Pol, ponte con 33 archi (in onore dei anni di Gesù) che attraversa il fiume Zajande-Rud. Il fiume è senz’acqua, hanno deviato il corso per fornire l’acqua alle altre città. La vista di questo fiume secco, messo così male, mi rende triste, ricordandomi il suo scorrere gioiso. Una lieve luce che emana dalle sagome della cupola e dei minareti della Moschea di Emam mi consola con la infinita e sublime bellezza.
Martedì, xx agosto. Dopo la prima colazione per prima ci rechiamo alla piazza reale Meydan, detta Naqhsh-e-Jahan, “l’immagine del mondo”, senza dubbi una delle più belle del mondo. La maggioranza è del gruppo è già stata qui : è volta che raccontiamo noi alla nostra guida l’avventura di ieri sera. La piazza è immensa, l’armonia e le proporzioni sono perfette: un rettangolo di dimensioni di un campo di polo, (525×159 m), uno spazio pulito e luminoso che sembra specchiare il cielo. Per i curiosi della storia, la prima partita di polo, allora chiamato chogan, uno sport che vede compettere due squadre con dei cavalli, fu fu giocata nel 600 a. C fra turcomani e persiani. Si praticava anche su questa piazza, come testimoniano le coppie dei pali sui lati. Il grande retangolo è ornato dalle piscine centrali che ieri sera erano piene d’acqua, con delle bellissime fontane, mentre stamattina risultano svuotate per la manutenzione. Lungo tutti i lati della piazza sono spiegate le arcate con dei negozi del bazar, mentre il secondo piano e finto, ovvero fu pensato ad arcate cieche, erette solo per esprimere l’armonia e la bellezza, poi ci sono due splendide Moschee e il Palazzo reale. Tutti noi facciamo nostra parte dell’immagine del mondo.
Il primo monumento che visitiamo è la Moschea dello Scià (Masjed-e Abbasi Shah) detta anche Moschea dello Emam Hossein, situata al lato meridionale della piazza. Passando sotto il superbo portale blu alto 27 metri, affiancato da due colonne non simmetriche, percorrendo l’ingresso inclinato entriamo in cortile su cui quattro lati sorgono quattro iwan, di cui il più bello è quello meridionale. La soluzione architettonica è geniale, giocando con diverse angolature la pianta dell’edificio non altera l’aspetto della piazza esternamente e rispetta la direzione obbligatoria verso Mecca internamente. Il tutto è coronato dalla cupola della forma del bulbo che raggiunge l’altezza di 52 metri, ricoperta con delle ceramiche color turchese, e dai due snelli minareti, alti 42 metri.
Dopo la visita alla mosche grande entriamo nella piccola Moschea di Sheikh Lotfollah, dedicata a grande teologo della corte di cui porta il nome. E’ posta sul lato lungo della piazza su cui si apre con un portale riccamente decorato di maioliche. Essendo privata, non ha minareto di cui funzione primaria è chiamata alla preghiera ed è coronata da una splendida cupola di diametro di 22 e di altezza di 32 m, . Dentro, penombra di un corridoio blu, inclinato a 45 gradi ci porta nella unica sala di questo luogo di preghiera. Sopra di noi c’è il tamburo traforato in modo esemplare con delle finestre, coronato dalla cupola già ammirata dall’esterno. Da qui ancora più bella: la luce nei rombi di maiolica disegna un spicchio vibrante dorato e blu: sembra coda di pavone, che per islam rappresenta il simbolo di perfezione e l’icona di spiritualità. La tecnica particolare della maiolica intarsiata fa sì che le piastrelle sembrano vive, grazie ai colori ottenuti mescolando argilla con dei polveri delle pietre preziose: lapislazzuli, turchese, oro… Sia il mihrab sia le mura sono coperte di una superba calligrafia (khoshnevisi), opera di Alireza Abassi e Bagher-e Banna. L’architetto, Mohammad-Reza Ostad Hossein Banna Isfahani, che firmò la opera come “umile e bisognoso della misericordia” ci lascia senza parole.
Andando a mangiare, entriamo nel bazar Gheysariye: ci fermiamo a vedere come si lavorano famosi tessuti stampati con dei appositi timbri, i “ghalamkar”. Le compere iniziano con delle tovaglie. Nel ristorante tipico Bostan situato dentro il bazar si mangia bene. Ho un terribile mal di testa e devo prendere la pastiglia: forse soffro del sindrome di Stendhal in versione iraniana – ogni volta qui a Esfahan mi capita di avere questo mal di testa fortissimo, all’orlo di svenimento. Dopo il pranzo andiamo vedere come si dipingono le miniature “negaregari”, un arte di origini antichissime, probabilmente legate al manicheismo ( III sec. d.C.). Nella epoca più recente (XIV – XVI sec.) esistevano quattro scuole importanti sul territorio dell’impero: Herat, Tabriz, Ghazvin e Esfahan. Si dipingono con dei pennelli di peli di gatto sulle tavolette di avorio o di osso di cammello. Dopo aver visto negaregari ci rechiamo in una bottega che lavora i turchesi, pietra iraniana D.O.C. Certamente, siamo in un paradiso per gli acquisti, e siamo solo nel primo cielo…
Nel pomeriggio visitiamo il Palazzo reale Ali Ghapu. Ali Ghapu in realta rappresenta solo la parte dell’ingresso monumentale verso le dimore reali. E’ di un’imponente altezza paragonabile ad un palazzo di 7 piani, anche se non sembra così alto, esseno incorporato in maniera inpeccabile nella elegante prospettiva della piazza. Da ammirare i muri delle tonalità chiare affrescati con dei fiori e uccellini, alberi e animali, la grande terrazza con le colonne in legno alte 10 m, e sopratutto la sala della musica, con dei stucchi a mo’ di strumenti musicali che formano le nicchie del controsoffitto, perfezionandone acustica della stanza. E. ha trovato un bellissimo tappeto, e il suo marito A. è d’accordo di prenderlo… si vedrà. A. ha trovato un turchese che le piace tantissimo.
E’ la volta di Chehel Sotun, detto il Palazzo di 40 colonne, immerso in un splendido parco con una enorme vasca in cui si riflettono 20 esili colonne. Da qui il sopranome: 20 colonne reali più 20 specchiate… Al interno i muri sono interamente ricoperti dagli affreschi con delle tematiche diverse, realizzati con la precisione della miniatura e con dei colori vividi e splendenti, una poesia dipinta.
Siccome a Tehran non abbiamo visto museo dei tappeti, Shahab ci porta in un bel negozio dove ci spiega cosa significa l’arte del tappeto “farsh va bafandeghi” per la gente iraniana. Ci sono due tipologie principali: i tappeti nomadi con motivi geometrici e i tappeti di città, con dei motivi del giardino. Riattraversiamo la piazza: finalmente abbiamo un po di tempo libero in cui fare delle compere, riposarsi, prendere gelato al zaferano di cui Esfahan è famosa, o parlare con la gente locale, tutte persone gentili e orgogliose del proprio paese. Alcuni prendono il gelato al zafferano. Ci sono le mercanzie per tutti i gusti e tutte le tasche: dai gioielli costosi con dei turchesi o con dei lapislazzuli fino a ceramiche e piattini in rame, dalle trousse carine con dei motivi dei tappeti o delle cupole che costano poco fino ai costosissimi tappeti, dalle semplici borse stampate e scatoline in osso di cammello fino alle miniature antiquarie pregiate dipinte su avorio… Siccome ognuno ha le proprie esigenze ci sparpagliamo in tutte le direzioni. Il pregiudizio che l’Iran è un paese “pericoloso” è svanito completamente. Nei nostri cuori auguriamo a tutti gli Iraniani un futuro di libertà, senza embarghi e senza giochi politici.
Mercoledì, xx agosto. Dopo la colazione facciamo la visita ad un monumento che appartiene a tutte le epoche dell’arte islamica: la Jame, la moschea principale della città, detta erroneamente del Venerdì, paragonabile alle Cattedrali delle nostre città. 23.000 mq di superficie, situata al centro della vecchia Esfahan con i suoi 14 secoli di sviluppo architettonico rappresenta da sola un straordinario museo dell’architettura. Le origini sono riconducibili ad un tempio del fuoco zoroastriano del III secolo, invece il nucleo più antico della costruzione islamica e rappresentato dalle sale che circondano il cortile centrale, detto Shabestan, risalenti al VIII secolo. La più grande moschea del Iran è da considerarsi un’apoteosi del umile mattone, utilizzato in questo edificio in mille modi diversi: ci ricorderemmo delle colonne, della cupola di Tajolmolk, dello mihrab del Oljaito con due minrab (le scale) che lo affiancano, degli iwan ornati con delle ceramiche, soprattutto quello dello specchio frantumato oppure quello con delle iscrizioni in calligrafia kufi. L. mi chiede che cosa rappresentano le formelle in cotto adagiate qui e là: spiego che sono i mohr o turbah, che significa letteralmente stampo, fatte con della terra di citta santa sciita Kerbala intrisa dalla sangue di Hussein, figlio di Ali. I fedeli sciiti le usano per pregare, ponendo queste formelle tra fronte e tappeto. Uscendo, attraversiamo il vecchio bazar: siamo stupiti con delle vetrine con dei vestiti scollatissimi, di colori sgargianti, da portare in privato. Alcuni mi chiedono come si contano gli anni in Iran, vedendo le schede nella moschea che non corrispondono ai anni nostri.
Spiego: in Iran, come in tutti paesi musulmani, è in uso calendario islamico, che conta gli anni a partire dalla egira (higri) anno dello spostamento di Maometto dalla Medina a Mecca del 622.; le date spesso riportano davanti lettera h = higri. Ci sono dodici mesi lunghi 29 o 30 giorni, quindi l’anno è più corto, di soli 354 giorni. Ogni circa 3 anni c’è l’anno bisestile, e i mesi sono seguenti: Muharram, Safar, Rai al-awwal, Rabi’ath-thani, Djumada al-awwal, Djumada al-akhira, Rajab, Sha’ban, Ramadan, Shawwal, Dhu l-qa’dam, Dhu l-hija. Inoltre in Iran ed in Afganistan si usa anche il calendario persiano Jalali, di antiche origini, reintrodotto in Iran nel 1922. E’ un calendario solare di 365 giorni che si basa sulle osservazioni del equinozio primaverile – festa di Nowruz, il più preciso di tutti i calendari esistenti. La correzione è da riportare ogni 141.000 anni; per comparazione, il calendario gregoriano che usiamo noi dovrà essere coretto ogni 3.226 anni. I mesi Jalali sono seguenti: Farvardin, Ordibehesht, Khordad, Tir, Mordad-Amordad, Shahrivar, Mehr, Aban, Azar, Daj, Bahman, Esfand. Primi sei mesi sono di 31 giorni, altri cinque di 30, ultimo di 29, in anni bisestili di 30.
Dopo aver visitato Jame ci spostiamo in pullman verso il quartiere armeno, nuova Jolfa. Attraversiamo anche il quartiere ebreo, che ci dimostra un antica presenza e un rispetto notevole da parte dei musulmani sciiti verso altre religioni del libro. Prima facciamo un po’ di spesa: prendiamo lavash, pane armeno (e anche iraniano) appena sfornato, poi facciamo le provviste di frutta e alla fine ci concediamo un ottimo caffè, espresso italiano davvero. Poi visitiamo la Cattedrale di Vank, situata nel vicolo Kelisa (chiesa) con delle vivissime pitture murali influenzate dall’arte europea e iraniana, eseguite in maniera naif. Gli affreschi raffigurano le scene bibliche, episodi dei vangeli, vite dei santi. Anche il campanile è molto particolare. Oltre la chiesa, il complesso ha una biblioteca, una scuola e un museo. Il museo conserva i manoscritti e i primi libri stampati a Esfahan. Poi ci sono oggetti di vita quotidiana, i quadri, e alcune curiosità. Inoltre c’è la sezione di documentazione fotografica sul genocidio del 1915.
Nel pomeriggio Shahab ci porta a fare alcune visite extra: ci rechiamo alle tombe dei 3 profeti ebraici. Una di esse si trova nel Golestan-e Shohada, il cimitero dei guerrieri-martiri che morirono nella guerra fra l’Iran e l’Iraq, una guerra lunga e assurda che causò centinaia di migliaia di vittime. Shahab non conosce i nomi biblici in italiano, così cerchiamo di “tradurre” le sue accurate spiegazioni. La sepoltura è del profeta Isaia II, sepolto a Esfahan, città sempre cara agli Ebrei. Sulla tomba del profeta ricordiamo le vittime di guerra sepolte in questo cimitero, pensando alle vittime di tutte le guerre, passate e presenti; tutte, senza nessun dubbio, evitabili, inutili e crudeli. I luoghi che visitiamo non sono i luoghi delle visite “turistiche”, ma ne io ne i gruppi con cui viaggio non amiamo viaggiare come puri turisti: noi di Geaway cerchiamo di applicare questo modo di viaggiare sempre, creando ogni prodotto su misura del cliente. Dopo aver fatto onore ad altre due tombe dei profeti che si trovano dentro piccoli e per il turismo sconosciuti santuari vicino al centro della città, nella zona dove una volta sorgeva il quartiere ebraico, andiamo a visitare il ponte più famoso dell’Esfahan, Pol-e-Khaju, che oltre per l’attraversamento serviva anche come diga. Al suo centro vi sono due padiglioni reali, ognuno dei quali dispone di un balcone ornato di pitture; anche sui due ingressi al ponte vi sono altri due padiglioni. Infine ci sono i leoni di cui la guida racconta che hanno gli occhi che brillano di notte. Non crediamo e promettiamo che andremo stasera a verificare se ci dice la verità. Facciamo le foto in groppa dei leoncini, serie e buffe. Il ponte è un luogo d’incontro dei esfahanesi che si trovano sotto le sue arcate ornate di maioliche; prosegue con primo boulevard del mondo Chahar Bagh. Il viale, costruito nel 1592, progettato con dei alberi e aiuole fiorite collega tuttora il Pol-e-Khaju con la piazza reale di Meydan, rappresentando il principale centro commerciale della città. Vorrei ricordare che tutti i monumenti che abbiamo visitato fin ora (tranne Jame ) sono stati eretti durante lo Shah Abbas il Grande, che regnò dal 1587 fino al 1629.
E’ l’ultima sera a Esfahan: andiamo a cenare nel giardino del caravanserraglio, oggi trasformato nel hotel di lusso Abbasi. E’ un luogo magico, luogo che evoca le immagini della Mille e una notte. Questo complesso costruito 300 anni fa è uno dei più bei e più antichi alberghi del mondo, inaugurato come un caravanserraglio all’epoca dell’imperatore safavide Husayn. La struttura è stata rinnovata negli anni ’50 da André Godard per combattere il degrado in cui versava. Vanta un bellissimo giardino alla persiana che ospita il ristorante, una hall con delle scale fiabesche, delle suites safavide e qajare, delle sale tra cui spicca Abbasi Hall, con soffitto e muri lavorati in foglia d’oro zecchino utilizzando altretanto preziosa tecnica kupburi. Però, per essere proprio sinceri, bisogna confessare che abbiamo mangiato meglio nel rinomato e affolatissimo ristorante Shehrezad oggi a pranzo, dove ci hanno servito un agnello squisitissimo. Però, la bellezza del luogo è davvero unica: sembra che stiamo vivendo un sogno.
Prima di chiudere il racconto dellagiornata, un detto persiano: Esfahān è metà del mondo” (Esfahān nesf-e jahān). I luoghi che abbiamo visto lo confermano in pieno: purtroppo, c’è da aggiungere che moltissimi edifici della città furono distrutti da Qajari che non volevano che questa città superasse in bellezza la loro nuova capitale, Tehran. C’è tanto altro da vedere ad Esfahan: ci sono i antichi bagni, i hammam-e Ali Gholi Agha, un luogo affascinante, con le vasche ricoperte di maioliche e don dei dipinti murali di colori freschi e chiari. Proprio grazie a questi impianti pubblici e al loro ruolo igienico-sanitario, Iran era l’unico paese che non ha avuto mai le epidemie di peste, che in passato devastarono il resto del mondo. Ci sono i Monar Jonban, minareti oscillanti, costruiti nel 1315, che presentano un fenomeno strano: facendo oscillare uno, inizia ad oscillare anche l’altro. Per motivi di sicurezza nei ultimi anni non gli fanno oscillare più. Nelle vicinanze dei minareti sorge il tempio di fuoco Otashgosh, posto sulla sommità di una ripida roccia, dedicato al dio zoroastriano Ahura Mazda, che per salita richiede tanto tempo, ma anche solo la vista della costruzione da lontano procura un’impressione notevole.
Dopo la cena facciamo due passi per controllare se gli occhi dei leoncini sul ponte brillano davvero. Vediamo con nostri occhi che brillano, ed è una delle meraviglie d’Esfahan. Poi torniamo in nostro albergo, cercando di sistemare le valigie che sono diventate un po’ più piene. Mi spiace lasciare Esfahan, e penso di non essere unica.
Giovedi, xx agosto. La strada ci porta verso Kashan. Dopo la prima colazione carichiamo le valigie sul pullman e andiamo a vedere il ponte più antico del Esfahan, Shahrestan che conta più di 1800 anni. C’è una scolaresca in gita: una classe composta di sole ragazze che, sedute per terra, disegnano il ponte. La strada ci porta accanto la centrale nucleare di Natanz dove non è possibile fermarsi. Ci fermiamo presso un autogrill iraniano, dove Shahab e ragazzi del pullman ci offrono la nostra tradizionale merenda. Nel negozietto del autogrill vedo una vecchia banconota, che non ha più valore ma porta l’immagine di una bellissima rosa, riesco ad averla per pochi spiccioli. Viaggiamo circondati dai paesaggi mozzafiato. Un po’ prima di pranzo arriviamo alla cittadina di Kashan, situata nel mezzo del deserto. Una leggenda afferma che Kashan era luogo da cui sono partiti i re Magi seguendo la stella. Scendiamo dal pullman e facciamo la nostra prima visita ad una casa climatica: la casa di Thabatabei. Disposta attorno un cortile con una grande vasca si presenta ornata con deliziosi affreschi e stucchi, incuriosendo per i notevoli dislivelli tra diverse stanze. Questi dislivelli insieme ad un sistema di aperture sui tetti e lungo i corridoi, creano un effetto “climatizzazione” naturale: la differenza delle temperature tra fuori e dentro casa si sente. Ci sono altre case climatiche nella città, una più bella dell’altra: la casa del mercante Borougerdi, la casa di Attar-ha… Segue un’accurato visita ai bagni pubblici di Soltan Amir Ahmad, con un fiabesco tetto pieno di piccole cupole e di robusti camini in argilla su cui ci incaminiamo … ci sembra di essere Alice nel paese delle meraviglie o in qualche fiaba simile. Inoltre, il complesso è anche un monumento ingegneristico, così ammiriamo stupiti l’abilità con cui è stato progettato l’impianto della refrigerazione oppure quello che serviva per riscaldare l’acqua. Entriamo brevemente alla Moschea di Agha Bozorg, e infince ci rechiamo ai Bagh-e Fin, i giardini di Fin. Molte ragazzine ci fermano chiedendo di fotografarsi con loro, bimbi fanno bagni nei canali del giardino schizzando l’acqua uni sui altri, e come ovunque ci chiedono da dove veniamo e se Iran ci piace… Il nostro Shahab ci racconta la storia di questo luogo: è uno storico giardino persiano completato nel 1590 ed è il più antico giardino oggi esistente in paese. Contiene dei bellissimi edifici, tra cui il hammam di Fin dove venne assassinato Amir Kabir, il primo ministro della dinastia Qajar, ucciso da un sicario inviato dallo Scià Nasser al-Din Shah Qajar nel 1852. Nelle vicinanze, a soli tre chilometri da Kashan si trova Tepe Siyalk, sito scavato negli anni ‘30 dall’archeologo francese Roman Ghirshman, che ha riportato alla luce uno dei più antichi insediamenti umani. Lo strato più antico è databile tra il 6000 e 5500 a.C., mentre una ziggurat fu costruita sul posto verso il 3000 a.C.. Inoltre sono stati scoperte numerose ceramiche delle epoche successive, molte gia viste, perché conservate nel Museo archeologico di Tehran. La città di Kashan è anche luogo di un pellegrinaggio laico: ci sono tanti iraniani che si recano alla tomba di Sohrab Sepehri, un pittore, poeta e scrittore contemporaneo, conosciuto a livello internazionale. Fu un uomo solitario che si tenne al di fuori delle vicende politiche che infiammavano gli intellettuali di quell’epoca, cercando sempre rifugio nella natura, simbolo di Dio e della sua potenza, ogni volta che la realtà circostante diveniva insopportabile per suo animo troppo sensibile. In seguito andiamo mangiare al ristorante Kashan Rose. E’ un posto delizioso, si mangia molto bene, le porzioni sono più che abbondanti. Alcuni mangiano agnello, altri pesce, altri pollo o vitello – ci scambiamo e proviamo tutti un po’ di tutto.
Si prosegue per Qom, una delle città sante iraniane. In questa città, detta città delle biblioteche e delle moschee ha studiato anche ayatollah Khomeini. Qui ci aspetta una sorpresa: alcuni mesi fa E. e io insieme a don F., S., R. e A. siamo stati a Milano a una conferenza organizzata da CIPMO sull’Iran. Dopo la conferenza ho parlato con il giornalista Alberto Negri che mi ha fornito il numero di telefono di hojatoleslam Said Mustafa Milani. Ho telefonato, e il teologo sciita ci ha concesso una “intervista”. Ha lasciato il mesaggio che ci aspetta in nostro albergo. Tutti siamo contenti di questa così rara opportunità di un inaspettato e vero dialogo, nonostante che su alcune domande e alcune posizioni opinioni nostre e quelle del Milani divergono notevolmente. Nel nostro albergo Estegal ci aspetta una bella sala, parliamo con Milani come si parla tra vecchi conoscenti. Alla fine, cerchiamo di restituire almeno in parte la ospitalità dei iraniani e invitiamo il nostro ospite per la cena. Siamo allo stesso tavolo Milani, Shahab, don F. e io: ci racconta di un suo amico di scuola che è diventato gesuita. Milani, che è un cognome iraniano, ha studiato ingegneria a Milano. Aggiunge che la ragione per cui erano molto amici forse sta nel fatto che l’uno e l’altra cercavano Dio. Quando mi saluta non mi porge la mano perché è proibito dalla sharia. Lo chiedo, un po’ sfacciatamente, se mi stringerebbe la mano se fossimo in Italia, a Milano: risponde con un secco sì, aggiungendo che bisogna rispettare le leggi del paese che ti ospita. E’ in programma di visitare il Santuario, Astané. Sto a sentire alcuni commenti, tutti davvero entusiasti di questo incontro. Il hotel è un tipico hotel per i pellegrini iraniani, la tipologia di stanze è diversa dai hotels che abbiamo avuto durante il nostro tour, assomiglianti ai piccoli appartamenti, con un angolo cottura, tovaglie di ricambio, scope per pulire. Tutto pulitissimo. A questo punto voglio aggiungere che nell’offerta turistica iraniana non sono entrate grandi catene alberghiere internazionali, quindi i standard sono un po’ diversi. Ci siamo trovati benissimo.
Dopo la cena visitiamo tutti il santuario – Astané. E’ veramente incredibile sentire come questo luogo sacro pulsa d’una energia incredibile. Siamo unici turisti. Entriamo nel momento di preghiera. Spiego come entrare: donne e uomini sono divisi, ciascuno ha un proprio ingresso; è meglio che andiamo a visitare santuario in piccoli gruppi, perché così le probabilità di poter entrare anche all’interno vietato ai stranieri sono maggiori. All ingresso delle donne ci danno i chador, poi togliamo le scarpe e entriamo: le persone sono numerosissime, non c’è un centimetro libero né in cortile né nel santuario vero e proprio, cioè nel luogo che custodisce l sepoltura. Stiamo un po’ in cortile ascoltando la preghiera diffusa attraverso altoparlanti, e poi venivamo risucchiate dentro il fiume delle donne, vicine a loro nonostante straniere e di un’altra religione, incredibilmente siamo state portate insieme con loro come in una magia lungo i corridoi, sotto le volte tappezzate di specchi fino alla tomba della venerabile Hazrat-e Fatima Masumeh, sorella di imam Reza, tomba che rappresenta il cuore di questa moschea. Il santuario di Qom ogni anno accoglie quasi dieci milioni di pellegrini. Sono molto felice per il fatto che siamo riusciti ad entrare nel cuore del santuario… diversi mi hanno raccontato che non era possibile entrare, alcuni mi dicevano che racconto una bugia. Miracoli esistono, se no, non sarebbe esistita nemmeno la parola…Uscite di nuovo in cortile, parliamo con le donne non si capisce in quale lingua, tutto è un sorriso, una stretta di mano e un abbraccio, esse ci porgono dei loro bambini per fotografargli, e ci chiedono quasi ossessivamente se ci piace Iran… Infine ci troviamo tutti, donne e uomini. Per precauzione conto “mie pecorelle”. Per tornare ad albergo attraversiamo il parcheggio dove i pellegrini dormono nelle tende, nelle macchine, o per terra… camminando parlo con R. e S., poi con B. e A, poi con A., S., V., V., e R…. insomma, un po’ con tutti. Mi ricordo che una volta qui a Qom eravamo invitati tutti quanti (sempre un gruppo numeroso) ad un matrimonio: le donne e gli uomini festeggiavano separati. Secondo i racconti maschili sembra che gli uomini alla festa si annoiano. Le donne invece erano “scatenate”, tutte in abiti di festa di taglio occidentale, attillati, scollati e pieni di strass, tutte erano truccatissime, senza velo e con gran voglia di divertimento. Anche la nostra guida di allora e alcune di noi hanno preso parte attiva ballando con loro, altre rispondevano ai sorrisi sorridendo. Tutti mangiavamo la frutta, dolci e i gelati che ci hanno offerto. Quando entrò lo sposo, unico autorizzato di vedere la sposa senza velo, quasi tutte le invitate si coprivano la testa.
L’immagine che avevamo dell’Iran è completamente cambiata, soprattutto grazie alla incredibile apertura delle iraniane e degli iraniani che abbiamo incontrato in questi giorni passati così in fretta..
Venerdì, xx agosto. La levataccia è alle 5,00 di mattino, la colazione alle 5,30, e si parte alle 6,00. Alle 7,15 siamo già all’aeroporto: l’aereo dovrebbe partire alle 9,30. Salutiamo gli autisti e la nostra guida Shahab: il viaggio è finito. Scappa anche qualche lacrima: Shahab l’abbiamo abbracciato sul pullman. Qui, come è luogo pubblico non possiamo darci nemeno la mano. Controlli preliminari e check in a cui segue il controllo passaporti e ultimo controllo di sicurezzaprima di imbarcarsi.
In aereo siamo tutte spettinate: alcune donne del gruppo senza velo mi sembrano “strane”. Durante il volo un po’ dormo, un po’ parlo con un ragazzo iraniano che va a studiare a Milano. Parla bene inglese e sta imparando anche un po’ l’italiano. Come tanti giovani con cui ho scambiato le parole durante questo viaggio anche lui conferma l’amore per la propria terra che abbiamo percepito tutti: pur musulmano, dice che non è essere musulmano ciò che conta. E’ essere iraniano su cui è orgoglioso, aggiungendo che ci sono tante cose da cambiare in Iran, ma che il carattere della gente e la bellezza dei posti non vanno cambiati a nessun costo. E come tanti giovani spera in un’apertura e un dialogo con tutti, sogna un mondo che diventerà più “connesso” nel senso più bello della parola.
Atterriamo in orario, ilvolo è stato ottimo. Riprendiamo le valigie, ci aspetta pullman per il transfer a Milano. Salgo sul pullman e saluto tutti, raccomandando di mandarmi le foto e qualche notizia. Con questo diario di viaggio ancora una volta abbraccio tutti quanti, con sincera speranza che non è assolutamente solo quella professionale di rivedervi.
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Concludo con alcuni commenti pervenuti in agenzia che riguardano diversi viaggi in Iran, dalla primavera del 2012 all’aprile del 2018. Per motivi di privacy, sono stati tolti i cognomi ove presenti
Carissima A, devo ancora dirti grazie per il bellissimo riassunto delle giornate in Iran! Mi hai aiutato a ricordare nei particolari ciò che abbiamo visto e provato.. e anche la tua gentilezza e disponibilità! Un abbraccio a te e a E., con grata amicizia! don Paolo
Ciao, ti ringraziamo per gli scritti che ci hai inviato. Abbiamo trovato molto carina l’idea del diario del viaggio perché a distanza di tempo rileggendolo ci ricorderemo meglio tutte le cose vissute in Iran. Ora che sono passati dei giorni dove abbiamo riflettuto sul questo viaggio possiamo dire che e’ stata un esperienza molto bella e interessante grazie anche a te e Soheila che vi siete dimostrate ottime guide. Saluti cari Loris e Nicla
Grazie cara, sia per le poesie che per il diario di viaggio. Un viaggio indimenticabile grazie anche alla buona compagnia e alle accompagnatrici insuperabili. Spero in un futuro non troppo lontano, di avere ancora l’occasione di fare un viaggio con te e a questo proposito ricordati di tenermi aggiornata sui vs.programmi. Un abbraccio e spero a presto. Cristina C.
Ti ringrazio di cuore per averci ricordato così sollecitamente con l’esauriente resoconto di viaggio e l’invio delle bellissime poesie che integrano i libri che ho comprato durante il soggiorno. Ti sono molto grata per l’aiuto che mi hai dato con spontaneità, affetto e competenza quando mi sono sentita male, ora pare sia tutto passato e sto’ aspettando l’esito di alcuni esami che mi hanno prescritto. Ti auguro buon lavoro e quando potrai felici vacanze! A fine mese proseguirò la conoscenza dei paesi vicini alla Persia con un viaggio in Uzbekistan dove spero di essere accompagnata con la stessa professionalità, simpatia e sintonia che io come tutti ho riscontrato in te e nostra guida. Un caro saluto e un abbraccio, Donatella
Sono stata fuori e leggo solo oggi la posta. Ti ringrazio tanto per tutto quello che hai fatto per noi durante il bellissimo viaggio in Iran, per la tua preparazione, la sensibilità e la totale disponibilità. Il materiale di informazioni, considerazioni e analisi che ci consegni è davvero prezioso ed è straordinario avere anche i testi delle bellissime poesie persiane. Grazie ancora di cuore e spero di incontrarti in un prossimo viaggio o in una qualsiasi altra occasione. Un abbraccio. Margherita S.
Anche a nome di Gigliola Ti ringrazio di quanto ci hai inviato. Abbiamo apprezzato tantissimo la Tua disponibilità, pazienza e la Tua cultura, che sono un grande dono per la Tua professione. Tienici al corrente delle iniziative che farai d’ora innanzi: certamente avremo occasione di fare altri viaggi e belle esperienze insieme. Ancora grazie e a presto Alberto
Ho letto con ritardo e ho apprezzato molto l’ottimo e completo resoconto del viaggio, utilissimo per integrare i miei appunti e illustrare le foto, per ricordare tutte le cose viste, collocarle nel tempo e inquadrarle nella storia dell’Iran. Un viaggio indimenticabile! Interessante anche la selezione di poesie allegate. Grazie a Lei e un ricordo e un caro saluto a tutti i compagni di viaggio. Luigi G.
Scusa se ti invio questo e-mail con tanto ritardo, ma ho impiegato tantissimo tempo a “disfare la valigia”. Ho un ricordo favoloso de viaggio in Iran (Persia Terra Biblica), e tutti mi invidiano. Ti ringrazio tantissimo per le attenzioni che hai avuto per me e per le belle conversazioni che siamo riusciti a fare insieme. Per quanto riguarda il Cuneiforme Sumero, la lingua più antica dell’Umanità, il testo su cui l’ho “imparato” io, pare che non esista più (33 anni fa). Ma se tu vai su Google con le seguenti parole chiave: “sumerian” “cuneiform” “cambridge” trovi un mare di pubblicazioni e riferimenti consultabili anche on-line. Ma io, al di là di Internet, avendo “una certa età”, ti consiglierei di andare alla libreria Hoepli di Milano, e lì dovresti trovare ciò che concerne il cuneiforme. Al massimo lo puoi ordinare. Ma, già che ci sei, ti consiglierei di interessarti anche al Sanscrito, la base delle lingue Indoeuropee. Lo studio, anche amatoriale, del Sanscrito e del Cuneiforme può anche essere un elisir di lunga vita e/o di “eterna giovinezza”. Ho detto tutto, o quasi. Ciao. Patrizio Z.
Che regalo mi hai fatto con il diario e le poesie! Mi hai rinnovato tutte le emozioni di questo bellissimo viaggio. Ho fatto un carico di libri in biblioteca sulla storia antica e moderna della Persia. Mi si è aperto un mondo, che gioia. Grazie ancora per il tuo modo paziente e sicuro di condurre il viaggio, sei stata veramente preziosa! Maria Edvige B.
Che gioia ricevere gli allegati alla tua mail sul nostro meraviglioso viaggio in Iran ! E’ stato un viaggio che mi ha emozionato tantissimo e che manterrò intatto nel cuore. E certo anche grazie a te e a guida iraniana. Ti ringrazio tantissimo e complimenti per il tuo italiano! Ciao, ciao Maria Grazia
Carissima, grazie grazie grazie per la tua lettera e per le poesie che ci hai mandato!!! Confermo che è stato davvero un bellissimo viaggio. Entusiasmante. E sicuramente il gruppo ha contribuito. Ma prima di tutto è stata la vostra organizzazione a rendere questo viaggio…speciale! E tu sei davvero bravissima: lo conferma la tua mail… e il materiale che ci hai mandato è un valore aggiunto! Pur nelle nostre diversità noi nel gruppo non ci siamo mai sentiti dei numeri e questo è molto importante forse soprattutto quando si viaggia in più di quaranta. L’Iran è davvero un paese stupendo e vorrei tornarci. Grazie quindi per…tutto e spero proprio ci si possa vedere presto! Pensa che quando siamo tornati, il pomeriggio sono uscita per fare la spesa…Arrivata al portone di casa mi sono detta: accidenti ho dimenticato il… velo! Che tremendo condizionamento in una sola settimana! Un abbraccio Carola e Mimmo
Buon giorno, come d’accordo ti invio la scheda valutazione del nostro viaggio in Iran. La parte relativa alle opinioni preferisco indicarla nella mail in considerazione di una pessima grafia, di difficile lettura. … A mio avviso le ottime spiegazioni fornite durante il viaggio dal nostro Shahab dovrebbero essere più aderenti alla tipologia media dei partecipanti, tenendo conto dell’età media, del livello culturale, del gradimento. La mia sensazione è che siano invece troppo standardizzate e che, se per alcuni possono risultare estremamente interessanti, per la maggioranza rischiano di essere dispersive. Forse è preferibile fornire poche e sintetiche nozioni, più facilmente memorizzabili, che non addentrarsi in percorsi troppo dettagliati. Ovviamente è solo un parere personale ed io ho apprezzato moltissimo le spiegazioni. Giudizio generale, un ottimo viaggio! Un abbraccio Enrica
Gentile P., mi scuso per il ritardo nella risposta, ma durante il nostro viaggio sia mia mamma (96 anni), sia mia suocera (88) hanno avuto problemi di salute e il nostro rientro è stato quindi un po’ movimentato! Avendo già avuto un colloquio telefonico con A subito dopo il rientro, ho rimandato questa risposta a tempi migliori! Il viaggio è andato molto bene. Ci siamo sentiti sempre assistiti, prima della partenza con la vostra agenzia, alla Malpensa con il vostro incaricato e a destinazione. L’Iran è sicuramente un paese che merita di essere visitato per la sua storia millenaria testimoniata da siti archeologici favolosi, per la tranquillità sperimentata dovunque, per la cordialità del suo popolo (in un albergo, la sera, una famigliola iraniana stava festeggiando il compleanno del bambino di 9 anni; hanno voluto fare le foto con noi e ci hanno offerto la torta!). La guida Sohrab, cui il nostro gruppo è stato affidato, era indubbiamente molto esperto (professore anche all’università e formatore delle altre guide), ci ha introdotto (in un ottimo italiano) in questo mondo così diverso dal nostro avvicinandoci anche alla magia dell’antica Persia e trasformando così la nostra vacanza in un viaggio molto interessante. Sohrab è riuscito anche ad allargare il programma previsto, in particolare segnalo la visita del mausoleo di Fatima a Qom che merita davvero una sosta lungo la strada da Isfahan a Tehran. Merita un elogio anche l’autista del nostro pulmino, Keyvan, di una cordialità è gentilezza veramente uniche! Gli alberghi, 4 o 5 stelle, sono stati accoglienti: a Shiraz mi sento di consigliare lo Shiraz hotel (5 stelle) più nuovo, rispetto al nostro che era un po’ carente, in particolare per i bagni. I pasti sono sempre stati buoni: verdure, riso, pollo, manzo, vitello, agnello gli alimenti presenti in generale nei menu, ma i locali scelti dalla guida lì proponevano in modi diversi, così abbiamo avvertito meno la monotonia. Proprio in una sala di un ristorante (completamente deserta) don Romano ha celebrato la Messa di Pasqua per noi. In conclusione: è un viaggio che mi sento di consigliare vivamente! A mi aveva chiesto di mandarle una mail sul viaggio per cui le chiedo cortesemente di condividere con lei questa. Mi faccia sapere se vi può essere utile avere anche alcune foto. Grazie di tutto, un caro saluto Teresa