Tour di gruppo in Asia Centrale lungo la via della seta, Tashkent – Khiva – Bukhara – Shahrisabz e Samarkanda. Tour di 9 giorni.
IMPRESSIONI DI VIAGGIO
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Dove andate in gita quest’anno ? In Uzbekistan.
Uzbekistan ? Cosa c’è da vedere ? Le città al
centro dell’Asia sulla via della seta Khiva, Bukhara, Samarcanda. E non fate un pellegrinaggio ? Ci
sono chiese da vedere ? Forse no, è un paese mussulmano. E che ci andate a fare ?
Noi comunque si va !
Premetto che non mi sarà possibile su questo foglio dare una spiegazione dettagliata dei
monumenti che abbiamo visto né descrivere in toto il viaggio cercherò invece di far filtrare se mi
riuscirà le impressioni e le sensazioni che si sono accumulate nel cuore.
Arriviamo a Tashkent nella notte siamo l’ultimo aereo della giornata. L’aeroporto è lindo, poca gente
in giro, i controlli sono veloci. Ci accolgono scritte coloratissime verdi, blu, gialle, bianche in
aeroporto e lungo i viali della città. La città è verdissima qui la primavera è già esplosa nel suo
splendore.
Si dorme 3 ore e poi via di nuovo in aeroporto si vola verso Urgench. Piove, la giornata si presenta
uggiosa, ci saluta dal finestrino dell’aereo una moschea dalla cupola verde smeraldo.
Dall’alto il paesaggio presenta un reticolo di canali d’acqua che bagnano campi squadrati alcuni
già verdissimi. Però il colore dominante è il marroncino della terra arata. Gruppi di casette e
piccoli paesi sono distribuiti lungo le strade bianche, i tetti di lamiera brillano al sole. Al recupero
bagagli si mescolano valigie colorate, grossi pacchi legati con lo spago e parti di attrezzi agricoli.
Urgench ci accoglie con il sole e una fresca brezza mattutina, è una cittadina agricola creata dai
sovietici sulla sponda del fiume Amu Darja che scende dal Pamir.
Da metà aprile si semina il cotone su grossi appezzamenti di terreno statale. I contadini si
impegnano con un contratto a coltivare il cotone e lo stato si impegna a costruire belle casette
nuove in mattoni al posto delle isbe di fango. Il contadino paga il 30% della costruzione il resto è
a carico dello stato. Questo sistema al momento funziona e le casette in costruzione sono
veramente tante. Qui la vita contadina è simile a quella delle ns campagne negli anni 60. I
contadini hanno piccoli orti privati davanti a casa, piccole stalle con tetti di paglia, il cortile, il
forno, due o tre mucche che pascolano vicino a casa. Per me una meraviglia da vedere perché mi
riporta bambino al mio paese quando si giocava nelle vigne e nei prati della valle.
Tutto è lindo, semplice, certamente povero ma pulito non ci sono porcherie abbandonate lungo le
strade.
I bimbi corrono e si spintonano verso la scuola, i maschietti hanno la camicia bianca e la
giacchette blu, le bambine portano tutte la coda di cavallo.
E finalmente si arriva a Khiva !
Khiva è tutta circondata da imponenti mura di fango pressato con la paglia.
Khiva è delicata.
Khiva è contadina persa nei campi della steppa.
Khiva è una pietra preziosa di fango che brilla nella luce del mattino.
Khiva ha 4 lati e 4 porte, ai lati di ogni porta alte torrette di mattoni con la cupola smaltata montano
la guardia e tagliano a metà di ogni lato le possenti mura.
Superate le mura di fango da ora in poi saranno le piastrellino colorate di verde, di celeste, di blu ,
di bianco che ci riempiranno gli occhi.
Qui prendiamo contatto con costruzioni che ci portano un’altra cultura; troviamo torri tronche e
piastrellate, portali d’accesso altissimi alle moschee, alle madrasse, ai cortili. Ci accolgono ampi
porticati sorretti da tronchi di legno altissimi riccamente lavorati che diventano moschee estive o
sale di ricevimento o creano ampi cortili come l’arem del Kan.
Il Kan in Khiva aveva due palazzi ma amava ricevere gli ospiti o passare l’inverno al caldo della
Jurta la tenda del popolo nomade ancora piazzata all’interno del palazzo.
Qui abbiamo incontrato fuori dalle mura un gruppetto di pensionati locali che lavoravano attorno
ad un grosso pentolone di riso posto sul fuoco, le donne poco lontano grigliavano carne
d’agnello, siamo stati invitati a fermarci per una merendina volante purtroppo abbiamo dovuto
rinunciare ma abbiamo toccato con mano la disponibilità e la libertà degli uzbechi.
Oggi si viaggia verso Bukara sono 500 Km di steppa desertica.
Al tempo dell’URSS si decise a Mosca che l’Uzbekistan dovesse produrre cotone, solo cotone,
per superare l’America e si arrivo’ a produrne 9 milioni di tonnellate, ma a quale prezzo !
Poiché il cotone richiede molta acqua si deviarono i corso di due fiumi che scendono dal Pamir e
si scavarono nel deserto 160.000 km di canali di irrigazione. Il risultato finale di questa forzatura è
stata la morte del lago D’aral oggi ridotto ad una pozzanghera. Quando il vento del nord scende
dalla Siberia urlando solleva dal fondo del lago le scorie, i concimi, i diserbanti, il sale generando
nuvole tossiche che volano per l ‘Uzbechistan.
Oggi la produzione di cotone è ridotta a meno della metà; molti canali che corrono per il deserto
si mantengono vuoti d’acqua ma il danno ecologico è fatto.
Bukhara finalmente !.
Qui cambia la musica, e cambia di getto, basta agricoltura e sotto con il commercio.
Il segnale è dato da una bottega lungo la via che espone tre ruspe gialle nuove di zecca e un paio
di trattori moderni.
Bukhara è bella, nobile, ricca.
Bukhara è commercio, studio, santità.
Bukhara è un minareto altissimo, un faro che illumina la notte sin dal 1200.
Bukhara è un museo a cielo aperto.
Bukhara ha un centro storico adagiato ai piedi del grande minareto datato 1127 qui si distende un
complesso religioso che comprende la grande moschea del venerdì e tre madrasse di cui una
ancora operativa con studenti coranici. I portali, gli archi, i cortili interni che ci circondano sono un
fiorire di motivi che passano dal puro geometrico al floreale. Le cupole sono di maioliche blu e
verdi una meraviglia per gli occhi. Ma questo è solo un complesso religioso.
Come non ricordare il mausoleo di Ismail Samani ? Una costruzione del nono secolo ancora in
piedi la più antica di tutta l’Asia centrale, trattasi di un quadrato costruito di mattoncini piccoli
cotti che abbinati in 18 diverse combinazioni creano eleganti trafori e composizioni. Nel 1200 per
salvarlo dai mongoli fu coperto di sabbia creando una collina artificiale che ha coperto la struttura
sino al 1930.
E poi la Fonte di Giobbe con la sua alta cupola conica.
E la moschea Bolo Hauz, un portico aperto su di un lato con 20 colonne che salgono altissime
verso quattro giri di cassettoni traforati e dipinti.
E la madrassa dei Quattro Minareti che puntano verso il cielo quattro piccole cupole di ceramica
blu.
E i complessi cimiteriali dei Santi islamici appena fuori Bukhara.
E la sinagoga.
E la cittadella fortificata di Ark……
Ma qui sul piazzale della fortezza succede la festa: la musica prende le donne italiane e le donne
uzbeche trascinandole in una sfrenata danza popolare che pian piano coinvolge tutto il gruppo.
Ah che meraviglia le feste casuali e spontanee !
A proposito di meraviglia sapete che a Bukhara c’è una chiesa cattolica ?
E’ un poco defilata fuori dal centro storico non ha campanile non ha croce sul tetto.
Ci sarà molto da pregare per esporre la croce sul tetto. Assumere questo impegno non vale forse
come un pellegrinaggio ? Saremo capaci di mantenerlo ?
La Santa Messa è meta’ russa e meta’ italiana. Il pensiero che il Signore è vicino e la Sua
benedizione ci raggiunge sempre mi provoca oggi qui in terra uzbeka quasi un senso di vertigine.
E ora via verso Samarcanda !
Ancora la strada che corre nella steppa desertica.
Sono già pronto a criticare : la steppa è vuota, la steppa non ha vita, dove sono i cammelli ? dove
sono le caprette ? Spariti. Tutto superato, finito.
Però basta allontanarsi dalla strada 200 metri per celebrare la Santa Messa che succede la grazia:
gli uccelli cantano, la steppa fiorisce di papaveri rossi piccolissimi, viole blu delicatissime ci
guardano e, sorpresa, sorpresa, arrivano due greggi di pecore nere accompagnate da due pastori
che osservano questo strano gruppo che compie uno strano rito.
Ora la Santa Messa è finita e io vorrei fermarmi a guardare meglio la steppa, i fiori, magari potrei
dire due parole a gesti ai pastori, potrei girare trai cespugli come tra le vigne di casa mia.
Ho la sensazione che Don Emanuele abbia aperto delle finestre del cuore che prima della Messa
erano chiuse.
Dopo aver superato un territorio collinare meraviglioso, verde, fertile, popolato, ricco di paesini
con casette rurali linde e pulite, con stalle lunghe e basse dal tetto di lamiera. Dopo aver superato
uomini che lavorano sui dossi, mucche al pascolo, greggi di pecore nere, bimbi che tornano dal
dopo scuola e altri che portano a stalla le mucche picchiandole con un bastoncino, finalmente
arriviamo a Shakhrisabz la citta nativa del grande Timur.
Timur, questo condottiero che l’occidente chiamò Tamerlano, creò un impero immenso nella
seconda metà del 1300 e oggi costituisce il collante della giovane nazione uzbeka. Da ora in poi la
sua presenza sarà fortissima nei monumenti, nelle moschee, nelle madrasse, nelle favole.
Nella sua città natale, Shakhrisabz, restano in piedi due tronconi altissimi del castello che lui volle
fortemente purtroppo un terremoto lo distrusse in modo irreparabile e non fu più ricostruito.
Qui un mausoleo raccoglie le spoglie di suoi due figli che morirono giovani.
Mentre accanto alla grande moschea dalla cupola blu, sotto due cupole laterali, dormono il padre
e la madre di Timur e alcuni santi dell’Islam.
Un giardino immenso raccoglie tutte queste costruzioni.
Ecco Samarcanda !
Samarcanda è un sogno.
Samarcanda è il potere.
Samarcanda è Timur il grande condottiero.
Samarcanda è Bibi, la donna bellissima, dal nome modernissimo.
Il sito archeologico di Samarcanda è immenso sono 220 ettari di fango pressato dopo il
passaggio di Gengis Kan del 1200.
Casualmente è stato trovato il salone di ricevimento del Re di Samarcanda del V secolo a.C.
I dipinti che restano su due pareti evidenziano un corteo aperto da un elefante bianco con un
seguito di guerrieri provenienti dai popoli dell’impero, gli ultimi sono due coreani, insieme vanno
verso un mausoleo o verso il re per sacrificare un cavallo e 4 struzzi. Le restanti pareti evidenziano
la potenza del re cinese a caccia e la sua amicizia con Samarcanda forse rappresentata dalla
nave con le donne a bordo. Insomma già a quel tempo in queste terre l’ago della bilancia pendeva
fortemente verso la Cina.
Timur dorme nella cripta del mausoleo Gur Emir, un complesso dai portali ad arco che porta
un’alta cupola azzurra costoluta, ai piedi del suo maestro spirituale. Quando i russi nel 1941
aprirono la tomba per ispezionare il cadavere di Timur si imbatterono nella sua maledizione ma
questa è una favola che racconteremo la prossima volta.
Ora come non parlare del Reghistan, ovvero del luogo sabbioso, che è la piazza centrale di
Samarcanda. Qui dialogano fra loro tre madrasse con i loro minareti quella di Ulugbek, quella
coperta d’oro e quella delle tigri che ha la cupola costoluta. E’ sperimentato, si può rimanere ore
al bordo della piazza a contemplare queste meraviglie senza mai stancarsi.
La necropoli del Re Vivente è il secondo più bel complesso di Samarcando dopo il Reghistan.
Lungo una stretta scala in salita si trovano mausolei a destra e a sinistra, cupole blu costolute e
lisce si alternano piacevolmente, piastrelline colorate, disegni floreali e geometrici si rincorrono.
Qui riposano generali e principesse ed anche un cugino di Maometto, per questa ragione il posto
è santo.
E come non parlare dell’osservatorio di Ulugbek, il nipote favorito di Timur. Grandissimo studioso
del cielo e dei suoi misteri. Questo uomo fu anche molto aperto verso il genere femminile consenti
loro di studiare nelle madrasse, ricordo che correva l’anno 1450 circa. Queste due caratteristiche
gli costarono la vita che perse per una congiura ordita dal figlio e dai responsabili religiosi.
E poi vi lascerò sognare con la moschea di Bibi la favorita di Timur che accettò un bacio sulla
guancia dal giovane architetto. Purtroppo il bacio, saturo di passione, si stampo’ sulla guancia di
Bibi in modo irreversibile. Timur la amava follemente ma quando scopri il tradimento la uccise
gettandola dal minareto della moschea. Dicono che questa storia la raccontavano un tempo per
far accettare il burqua alle donne. Io preferisco pensare a Bibi bella e indomabile che seppe far
impazzire d’amore il grande Timur.
Le costruzioni di Samarcanda non sono finite ….ma non vorrei diventare pedante.
Chiuderemo con due fatti piacevoli.
Il primo. Scendendo la scala della necropoli del Re Vivente la Gabriella nota le calzine nere con
pizzo di una distinta ed elegante signora uzbeca. Le due donne si parlano a gesti, facendosi
reciproci complimenti, poi la uzbeka si toglie di getto l fantasmini neri con pizzo bianco e li regala
alla Gabriella.
Il secondo. Anche a Samarcanda c’è una chiesa cattolica . Anche a Samarcanda abbiamo
celebrato la Santa Eucarestia. Qui il concelebrante è un giovane prete argentino appena arrivato
forse il Signore ci ha mandati a lui per portargli un sorriso, ne abbiamo tutti bisogno.
Ora un treno veloce ci porta alla capitale Tashkent.
Tashkent è città sovietica.
Tashkent è piena di verde.
Tashkent è ricca di viali e di piazze.
Tashkent è tutta in ristrutturazione.
Non vi parlerò più di moschee, madrasse, cupole blu, verdi, costolute, piastrelline dai vari colori,
archi altissimi, cortili interni ecc.
Vi parlerò di un monumento che ricorda un fatto storico che il nostro mondo occidentale tende a
dimenticare.
E’ la statua di una mamma anziana seduta, porta in capo il fular delle contadine e ha le mani
nodose sformate dal lavoro, aspetta un figlio che forse non arriverà mai più all’isba. Il popolo
uzbeko nel 1941 era di pochi milioni di persone, forse 5/6 milioni ma era all’interno dellìURSS e
partecipò con i suoi giovani alla seconda guerra mondiale sul fronte russo.
Un milione di giovani uzbechi fu bruciato dalla guerra.
Anche a questi figli della steppa uzbeka dobbiamo parte della nostra libertà.
Edgardo